Era un’ immagine molto diversa: pelata, grassa, gonfia di cortisone. E spaventata soprattutto. Non avevo idea di quello che sarebbe successo nei mesi a venire e non sapevo neanche se sarei rimasta viva.
Mi trovavo a Londra perché mio marito mi aveva regalato un weekend in questa meravigliosa città per svagarmi un po’ tra una chemio e l’altra, e nonostante io non potessi mangiare pesce crudo o bere vino avevamo comunque deciso di venire a cena in questo famosissimo ristorante di sushi. Si chiama Aqua Kyoto, ed è in uno dei quartieri più affascinanti di Londra.
Già all’ingresso ho realizzato che non era stata una buona idea. Il posto era troppo elegante per le mie condizioni, e la fighetta che accompagnava ai tavoli, osservando il foulard che avevo in testa per coprire la calvizie, mi aveva guardato con superiorità e disgusto.
A un certo punto durante la cena ho avuto una delle vampate tipiche della chemio e ho deciso di andarmi a rinfrescare in bagno. Di fronte allo specchio mi sono tolta il foulard, e le spietate luci a led hanno evidenziato quanto fossi provata in quel momento.
È proprio quella l’immagine che ho legato a quel ristorante per tutti questi anni, e la sensazione che provavo ogni volta che ci pensavo era di sconforto totale.
In PNL questo meccanismo si chiama “ancora” o “neuro-associazione”.
Un’ancora è un’immagine, un suono, un odore, un gesto, un sapore o una sensazione tattile che riporta immediatamente alla mente un ricordo e l’emozione che gli è collegata, ed è un processo che si crea naturalmente nella nostra vita.
Una bellissima definizione di ancora è quella che Alexandre Dumas dà in Vent’anni dopo:
Il mondo esteriore è come collegato da un misterioso filo conduttore alle fibre della memoria e talvolta le risveglia, nostro malgrado.
-Alexandre Dumas
Se ci pensi, la nostra vita è costellata di ancore.
Una canzone ascoltata alla radio ci può riportare alla mente un momento magico o una persona cara. Una foto scattata durante una vacanza al mare, che vediamo per caso durante un grigio pomeriggio di novembre in ufficio, accende ricordi così vividi che quasi ci sembra di essere lì di nuovo, su quella spiaggia, di sentire il sole caldo sulla pelle, il profumo del mare e lo sciabordio delle onde. E chi di noi assaggiando un certo cibo non ha mai provato la sensazione di ritornare con la mente a quando la mamma ci preparava proprio quel piatto lì?
Sfortunatamente non tutte le ancore sono positive. L’immagine che ricordavo di aver visto in questo specchio infatti non lo era. Ecco perchè ho evitato di andare in quel ristorante per anni. Non avevo il coraggio di affrontare di nuovo quella situazione, temevo che rivedere quei luoghi, sentire quei profumi e assaporare quei piatti mi avrebbe riportato al sapore metallico che mi aveva lasciato in bocca la chemio e ho preferito evitare.
Ieri invece, complici mio marito che ha ritrovato l’indirizzo e Alessandro Mora che mi ha accompagnato, ho preso coraggio e sono tornata nel luogo del delitto.
La cena è stata meravigliosa, il cibo incredibile, il vino delizioso. La fighetta all’ingresso ha osservato invidiosa le mie scarpe (e il mio culo dice Alle) e mi sono sentita davvero bene.
E quando sono andata in bagno, ho scoperto il riflesso di una me sorridente, felice e serena, orgogliosa di averne passate tante.
I momenti brutti capitano a tutti, ma passano. E se abbiamo abbastanza determinazione e coraggio possiamo sostituirli con momenti belli e felici. Basta volerlo davvero, e guardare il riflesso giusto.
Guarda il riflesso giusto, e cambia la tua vita.