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Il mio quinto Ironman

Roberta Liguori

Ho pianto ben cinque volte durante questo Ironman.

La prima è stata durante il briefing pre-gara, il giorno prima della partenza. Al momento dell’annuncio della riduzione delle distanze a causa del gran caldo mi sono sentita così dispiaciuta che ho pianto sotto gli occhiali da sole. Non mi permetto di giudicare decisioni prese con cognizione di causa da chi di dovere, ma avrei preferito fare l’intera distanza prendendomi la responsabilità della mia salute. Siamo strani noi Ironman, se ci dici che dobbiamo fare meno fatica non ci piace.

La seconda è stata allo start, ma questa era dichiarata, lo faccio ogni santa volta. Come ai matrimoni. Quando sento lo speaker che annuncia l’inizio della gara e inizio a muovermi verso il mare nell’enorme massa di atleti, come se fossimo un unico grande pesce, l’energia che percepisco è così forte da sovraccaricarmi. Le lacrime che verso sono di gioia, di grinta, di emozione, di gratitudine. Perché in quel momento so di essere nel posto più bello del mondo intero.

La terza volta è stata di piena, scatenata euforia. Lanciarsi giù in bici a grande velocità nelle ripide e lunghe discese faticosamente guadagnate dopo ben duemila metri di salita sotto il sole è stato pazzesco. Il panorama era da togliere il fiato: sopra di me un cielo azzurrissimo, tutt’attorno montagne e natura rigogliosa, sotto la strada che mi conduceva senza sforzo verso casa. E la soddisfazione di aver superato un sacco di ometti che non riuscivano a stare al mio passo nelle discese tecniche ha fatto la sua parte, lo ammetto.

La quarta volta è stata brutta. Dopo appena un paio di chilometri di corsa ho realizzato che il mio fisico era completamente fuori uso dal gran caldo. Facevo fatica a respirare, figuriamoci a correre veloce. L’unica cosa che potevo fare per arrivare al traguardo era correre piano e fermarmi a ogni ristoro per bere e raffreddarmi. Beh lì ho pianto di enorme frustrazione perché non è giusto caspita. Dopo tutto l’allenamento fatto, dopo tutte le ripetute in salita e i lunghi sotto il sole e le sudate e la fatica per correre una maratona veloce è questo ciò che mi spetta?!

E alla fine ho pianto, come sempre, all’arrivo.
Perché sentire pronunciare le parole “Roberta, you are an Ironman” mentre taglio quel traguardo è per me l’emozione più grande, il sogno che mi spinge ad andare avanti durante i duri allenamenti, il momento che ripaga di mesi e anni di sforzi. Un momento per cui vale sempre la pena impegnarsi e lottare. E questa volta è stata ancor più dura delle altre.

Perché a volte la vita ti mette davanti a una realtà che non è quella che vorresti, a sfide e condizioni che proprio non ti aspettavi, che non sono giuste e che non ti meriti. E in quei casi l’unica cosa che puoi fare è dare il meglio che puoi con ciò che hai, ricordando sempre che c’è una sola persona che può decidere come e quando renderti felice. E quella persona sei solo tu.

Quarta medaglia Ironman conquistata!

PS: la foto che ho scelto per questo post è scattata dopo l’arrivo ed è quella che meglio rappresenta la fatica di questa gara. Ci ho messo un po’ a riprendermi dal colpo di calore, ma ora sto bene!

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