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L'abbandono

Roberta Liguori

Sheila ha fatto tardi per mettere i braccioli, e le sue due amiche hanno salpato senza di lei.

Pinneggiano veloci con le gambette tenendosi ben strette al materassino rosa che usano come barca, nella grande piscina di un elegante Resort di Koh Samui.
Sheila si getta in acqua, ma nonostante i suoi tentativi di nuotare più velocemente possibile, non riesce a recuperare il distacco. Le altre due bambine, incuranti dei suoi sforzi o forse solo troppo prese da questo nuovo gioco, la ignorano e proseguono imperterrite la loro navigazione, così Sheila si ritrova lì da sola, in mezzo a questa enorme piscina, completamente abbandonata. E scoppia in un pianto disperato.
L’abbandono.

Una scena che mi ha fatto troppo male per non essere legata a qualcosa di personale.
Quante volte mi sono sentita così?
Quante volte sono stata ignorata, rifiutata, tradita, abbandonata magari proprio nel momento del bisogno?
È la sensazione che più odio al mondo, ne sono terrorizzata perché mi lascia inerme, prostrata e apatica, completamente affogata in pensieri sterili alla ricerca di un inutile perché. Ed è successo molte, troppe volte forse, come immagino sia successo a tutti. E fa un male cane.

Fa così male che poi la tentazione è quella di evitare con ogni mezzo di ricascarci, e allora ecco che si innalzano barriere protettive nei confronti di qualsiasi amicizia, affetto, relazione, situazione potenzialmente pericolosa. Barriere a volte così potenti da farci diventare freddi e cinici. Meglio così che soffrire di nuovo… O forse no.

Sheila rientra annaspando verso la sponda della piscina mentre la mamma, accortasi dell’accaduto, le va incontro sorridente, pronta a consolarla.
Ma non servirà. Nel frattempo le bambine hanno riconosciuto il pianto della loro amica e sono tornate indietro; prima che Sheila arrivi tra le braccia della madre la chiamano, l’abbracciano, l’aiutano a salire sulla loro barca fantastica e ora sono lì che giocano tutte assieme, ridono e schiamazzano felici.
Ecco, questa scena mi piace molto di più.

A volte le persone ci feriscono perché non se ne rendono conto. Farglielo comprendere in molti casi può essere una buona opzione, altre volte è invece più sano prendere semplicemente atto del loro comportamento e fare altre scelte, senza rendere ancora più doloroso quel momento attraverso nostri assurdi film mentali.
In ogni caso innalzare barriere troppo alte per difenderci, o uscire addirittura dalla piscina smettendo definitivamente di giocare, non è mai una scelta saggia.
Perché che sia con le vecchie amiche, o magari con amiche nuove, quel che è certo è che lì dentro Sheila potrà divertirsi un casino.

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